Il nostro dialetto non ha quel riconoscimento di lingua autonoma che attribuiamo, ad esempio, al napoletano, al romanesco, al siciliano, al calabrese e a tante altre lingue non lingue del nostro paese. Non potrà mai averlo, siamo una piccola città.
Eppure nel suo cacofonico suono gutturale contiene tali e tanti latinismi da avere un interesse etimologico e culturale. A prima battuta sembra poco diverso dall’italiano, in realtà non è possibile comprendere chi parla uno “spoletino stretto”, non essendo spoletini.
Ovviamente si va perdendo con le nuove generazioni, per cui meritoria è l’opera di Lamberto Gentili e Giampiero Cuzzini Neri che lo hanno studiato e catalogato. Il “Grande vocabolario del dialetto spoletino” consta di più di mille pagine. Basti questo dato a comprendere la varietà dei lemmi che solo noi possediamo (alcuni di noi).