-
Il selfie di Frà Filippo Lippi
-
25/04/2023
-
-
€0,00
Frate Filippo Lippi ha dipinto sé stesso nel grande affresco della abside del Duomo!
E’ l’uomo col cappello nero al centro di questa foto!
Probabilmente ha dipinto anche i suoi migliori aiutanti, intorno a sé stesso: Fra’ Diamante di Feo (1430 / 1492), allievo del Lippi fin dal 1454, quando aveva 24 anni, e Piermatteo di Amelia (Piermatteo di Manfredi, 1448 / 1508), diciottenne al momento in cui iniziò a lavorare con il Lippi a Spoleto, poi assurto ad una certa fama, tanto che affrescò il cielo di stelle nella Cappella Sistina, quello che poi venne coperto da Michelangelo.
Non pago, vi ritrasse anche suo figlio Filippino, di profilo, appena sotto di lui, nelle vesti di un angelo che regge un cero. E forse anche in alto a destra nella scena della assunzione, nella figura dell’angelo che suona il flauto.
Non solo, secondo molti vi è anche sua moglie, Lucrezia Buti, che presta il viso alla Madonna nel quadro laterale sulla annunciazione e forse anche alla Madonna della natività, sulla destra.
Un personaggio… da film, Filippo Lippi (Firenze 1406 – Spoleto 1469) !
La madre morì partorendolo ed il padre quando lui aveva due anni. Sulla morte della madre ci sono dei dubbi, di certo però fu allevato dalla zia paterna Lapaccia, per sei anni, finché venne affidato al convento vicino casa, quello dei Carmelitani. Con tutta probabilità non avrebbe mai fatto la scelta religiosa in piena consapevolezza.
Fu frate, si, ma donnaiolo, giocatore di azzardo, poco rispettoso dei termini monetari e temporali dei contratti, sia coi dipendenti che coi clienti, propenso a far passare per totalmente suoi dei lavori svolti dai suoi allievi, condannato sia in cause civili che penali. Ma, ciononostante, fu perito nei tribunali, quando si giudicava di opere d’arte, e, tutto sommato, imprenditore, gestendo una bottega con decine di artisti / operai.
Nonostante la sua condotta niente affatto esemplare riuscì a mantenere i rapporti coi potenti e con la chiesa, tanto da essere nominato, nel 1442, a 36 anni, Rettore e Abate di San Quirico a Legnaia, a Firenze, da Papa Eugenio IV.
Nel 1456, a 50 anni, nel convento di Santa Margherita a Prato, ove era cappellano, lui Frate si innamorò della Monaca Lucrezia Buti: ne richiese la presenza quotidiana in funzione di modella per poi corteggiarla con successo. Alla fine la rapì durante la processione della Sacra Cintola, l’otto settembre, e andò, scandalosamente, a convivere con lei e con la di lei sorella Spinetta Buti. Papa Pio I, su intercessione di Cosimo il Vecchio, li sciolse dai voti per permettere loro di sposarsi, cosa che non fecero, nè rinunciarono ai voti. Nel 1457 il Frate e la Suora ebbero un figlio, che venne chiamato Filippino, poi, nel 1465, nacque la sorella Alessandra.
Di lui si narra che fu fatto prigioniero dai mori al largo di Ancona e portato in Africa, ove, dopo 18 mesi di prigionia, riuscì a farsi liberare eseguendo un bellissimo ritratto a carboncino del suo aguzzino.
Che fu incarcerato, questa volta a Firenze, per aver falsificato la ricevuta di un pagamento di 40 denari al suo operario Giovanni Di Francesco. Falsificazione che confessò sotto tortura!
Che Lorenzo de’ Medici, suo grande estimatore, lo abbia rinchiuso in una stanza per fargli completare un lavoro. Ma Filippo evase col tradizionale metodo del lenzuolo tagliato a strisce pur di far visita ad una delle sue amate.
Artisticamente è allievo di Masaccio, di poco più vecchio. Seppe fondere lo stile toscano con quello dei pittori fiamminghi ed i loro colori tenui. Le sue opere non sono statiche, hanno la capacità di rappresentare filmicamente più scene, più fatti, in un solo quadro.
Morì mentre attendeva al grande affresco commissionatogli dall’Opera del Duomo di Spoleto nel 1466, che rappresenta la Annunciazione, la Natività, la Morte della Vergine e la Assunzione in cielo. Il lavoro (11 metri per 5,50) fu completato dal suo allievo prediletto, Fra’ Diamante di Feo, e da suo figlio Filippino, ancora fanciullo. Riposa in Duomo, nel meraviglioso sepolcro disegnato, vent’anno dopo la morte del padre, da Filippino su commissione di Lorenzo de’ Medici, che, però, ne avrebbe voluto le spoglie a Firenze.
Sulla sua morte, del 9 ottobre 1469, aleggia una leggenda. Si dice che il Lippi andasse a riposare passeggiando sul Monteluco. Incontrando una donna bellissima vicino al Fortilizio dei Mulini (vedi) se ne innamorò, ricambiato. Ebbero così luogo vari incontri pomeridiani nel bosco. I familiari di lei intimarono al Lippi di non incontrarla più, a causa della differenza di età e del fatto che il frate pittore aveva già famiglia. Ma i due continuarono a vedersi. La famiglia cambiò allora strategia. Accolse il Lippi al desco e questi… morì avvelenato ! Questa storia venne sostenuta pure dal Vasari, che, dell’affresco dell’abside, scrisse da Roma a Vincenzo Borghini “passai da Ascesi, Fuligno, Spuleti, dov’io rividi la cappella di fra Filippo nel duomo, cosa molto bella ! Fu grand’uomo!”
Nei maggiori musei del mondo sono conservate sue opere: al Metropolitan di New York, alla National Gallery di Washington, allo Staatliche Museen di Berlino, alla National Gallery di Londra, al Louvre di Parigi.
Filippino Lippi (Prato 1457 – Firenze 1504), senz’altro meno famoso e famigerato del padre, è stato comunque un personaggio importante. Fu a Spoleto, pare, dal maggio 1467 al dicembre 1469.
Nel 1504, poco prima di morire, fece parte della commissione che decise dove porre il David di Michelangelo, e, tra l’altro, vinse la sua proposta di metterlo all’aperto davanti a Palazzo Vecchio, laddove tutt’ora è la copia.
Della commissione facevano parte anche Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Pietro Vannucci (il Perugino), Lorenzo di Credi, Antonio e Giuliano da Sangallo, Simone del Pollaiolo, Andrea della Robbia, Cosimo Rosselli, Davide Bigordi (il Ghirlandaio, maestro di Michelangelo), Francesco Granacci, Piero di Cosimo, Andrea Sansovino. Sue opere sono alla National Gallery di Londra, al Louvre, a Parigi, a Washington, agli Uffizi di Firenze, Vaduz, Roma, al Metropolitan di New York. Ha affrescato la cappella di Filippo Strozzi a S. Maria Novella a Firenze e la Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma.
Anche il nipote di Filippo, e figlio di Filippino, Giovanfrancesco Lippi, fu un artista di fama, un orafo.
Description
Frate Filippo Lippi ha dipinto sé stesso nel grande affresco della abside del Duomo!
E' l'uomo col cappello nero al centro di questa foto!
Probabilmente ha dipinto anche i suoi migliori aiutanti, intorno a sé stesso: Fra' Diamante di Feo (1430 / 1492), allievo del Lippi fin dal 1454, quando aveva 24 anni, e Piermatteo di Amelia (Piermatteo di Manfredi, 1448 / 1508), diciottenne al momento in cui iniziò a lavorare con il Lippi a Spoleto, poi assurto ad una certa fama, tanto che affrescò il cielo di stelle nella Cappella Sistina, quello che poi venne coperto da Michelangelo.
Non pago, vi ritrasse anche suo figlio Filippino, di profilo, appena sotto di lui, nelle vesti di un angelo che regge un cero. E forse anche in alto a destra nella scena della assunzione, nella figura dell'angelo che suona il flauto.
Non solo, secondo molti vi è anche sua moglie, Lucrezia Buti, che presta il viso alla Madonna nel quadro laterale sulla annunciazione e forse anche alla Madonna della natività, sulla destra.
Un personaggio... da film, Filippo Lippi (Firenze 1406 – Spoleto 1469) !
La madre morì partorendolo ed il padre quando lui aveva due anni. Sulla morte della madre ci sono dei dubbi, di certo però fu allevato dalla zia paterna Lapaccia, per sei anni, finché venne affidato al convento vicino casa, quello dei Carmelitani. Con tutta probabilità non avrebbe mai fatto la scelta religiosa in piena consapevolezza.
Fu frate, si, ma donnaiolo, giocatore di azzardo, poco rispettoso dei termini monetari e temporali dei contratti, sia coi dipendenti che coi clienti, propenso a far passare per totalmente suoi dei lavori svolti dai suoi allievi, condannato sia in cause civili che penali. Ma, ciononostante, fu perito nei tribunali, quando si giudicava di opere d'arte, e, tutto sommato, imprenditore, gestendo una bottega con decine di artisti / operai.
Nonostante la sua condotta niente affatto esemplare riuscì a mantenere i rapporti coi potenti e con la chiesa, tanto da essere nominato, nel 1442, a 36 anni, Rettore e Abate di San Quirico a Legnaia, a Firenze, da Papa Eugenio IV.
Nel 1456, a 50 anni, nel convento di Santa Margherita a Prato, ove era cappellano, lui Frate si innamorò della Monaca Lucrezia Buti: ne richiese la presenza quotidiana in funzione di modella per poi corteggiarla con successo. Alla fine la rapì durante la processione della Sacra Cintola, l'otto settembre, e andò, scandalosamente, a convivere con lei e con la di lei sorella Spinetta Buti. Papa Pio I, su intercessione di Cosimo il Vecchio, li sciolse dai voti per permettere loro di sposarsi, cosa che non fecero, nè rinunciarono ai voti. Nel 1457 il Frate e la Suora ebbero un figlio, che venne chiamato Filippino, poi, nel 1465, nacque la sorella Alessandra.
Di lui si narra che fu fatto prigioniero dai mori al largo di Ancona e portato in Africa, ove, dopo 18 mesi di prigionia, riuscì a farsi liberare eseguendo un bellissimo ritratto a carboncino del suo aguzzino.
Che fu incarcerato, questa volta a Firenze, per aver falsificato la ricevuta di un pagamento di 40 denari al suo operario Giovanni Di Francesco. Falsificazione che confessò sotto tortura!
Che Lorenzo de' Medici, suo grande estimatore, lo abbia rinchiuso in una stanza per fargli completare un lavoro. Ma Filippo evase col tradizionale metodo del lenzuolo tagliato a strisce pur di far visita ad una delle sue amate.
Artisticamente è allievo di Masaccio, di poco più vecchio. Seppe fondere lo stile toscano con quello dei pittori fiamminghi ed i loro colori tenui. Le sue opere non sono statiche, hanno la capacità di rappresentare filmicamente più scene, più fatti, in un solo quadro.
Morì mentre attendeva al grande affresco commissionatogli dall'Opera del Duomo di Spoleto nel 1466, che rappresenta la Annunciazione, la Natività, la Morte della Vergine e la Assunzione in cielo. Il lavoro (11 metri per 5,50) fu completato dal suo allievo prediletto, Fra' Diamante di Feo, e da suo figlio Filippino, ancora fanciullo. Riposa in Duomo, nel meraviglioso sepolcro disegnato, vent'anno dopo la morte del padre, da Filippino su commissione di Lorenzo de' Medici, che, però, ne avrebbe voluto le spoglie a Firenze.
Sulla sua morte, del 9 ottobre 1469, aleggia una leggenda. Si dice che il Lippi andasse a riposare passeggiando sul Monteluco. Incontrando una donna bellissima vicino al Fortilizio dei Mulini (vedi) se ne innamorò, ricambiato. Ebbero così luogo vari incontri pomeridiani nel bosco. I familiari di lei intimarono al Lippi di non incontrarla più, a causa della differenza di età e del fatto che il frate pittore aveva già famiglia. Ma i due continuarono a vedersi. La famiglia cambiò allora strategia. Accolse il Lippi al desco e questi... morì avvelenato ! Questa storia venne sostenuta pure dal Vasari, che, dell'affresco dell'abside, scrisse da Roma a Vincenzo Borghini "passai da Ascesi, Fuligno, Spuleti, dov'io rividi la cappella di fra Filippo nel duomo, cosa molto bella ! Fu grand'uomo!"
Nei maggiori musei del mondo sono conservate sue opere: al Metropolitan di New York, alla National Gallery di Washington, allo Staatliche Museen di Berlino, alla National Gallery di Londra, al Louvre di Parigi.
Filippino Lippi (Prato 1457 - Firenze 1504), senz'altro meno famoso e famigerato del padre, è stato comunque un personaggio importante. Fu a Spoleto, pare, dal maggio 1467 al dicembre 1469.
Nel 1504, poco prima di morire, fece parte della commissione che decise dove porre il David di Michelangelo, e, tra l'altro, vinse la sua proposta di metterlo all'aperto davanti a Palazzo Vecchio, laddove tutt'ora è la copia.
Della commissione facevano parte anche Sandro Botticelli, Leonardo da Vinci, Pietro Vannucci (il Perugino), Lorenzo di Credi, Antonio e Giuliano da Sangallo, Simone del Pollaiolo, Andrea della Robbia, Cosimo Rosselli, Davide Bigordi (il Ghirlandaio, maestro di Michelangelo), Francesco Granacci, Piero di Cosimo, Andrea Sansovino. Sue opere sono alla National Gallery di Londra, al Louvre, a Parigi, a Washington, agli Uffizi di Firenze, Vaduz, Roma, al Metropolitan di New York. Ha affrescato la cappella di Filippo Strozzi a S. Maria Novella a Firenze e la Cappella Carafa in Santa Maria sopra Minerva a Roma.
Anche il nipote di Filippo, e figlio di Filippino, Giovanfrancesco Lippi, fu un artista di fama, un orafo.