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Via Cecili
- 04/01/2023
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A questa via “artificiale”, aperta coi lavori della Traversa Nazionale Interna, fu dato questo nome perché la famiglia aveva palazzo nei pressi, a Palazzo Vigili (vedi), Ma, secondo altri, aveva invece vissuto in Vaita San Giovanni, zona dell’attuale Comune.
Piersanti (o Piersanto) Cecili (o Cecilio), detto “Saccoccio Cecili” o anche “Saccoccio da Spoleto” nacque, probabilmente, nel 1465. Di famiglia nobile, figlio di Notaio, fu capitano di ventura.
Fece parte dei “sei dell’arbitrio”, sei capitani che condussero, con successo, per Spoleto (guelfa), la lotta contro Terni (ghibellina) per il possesso delle terre Arnolfe, zona tra Cesi, Acquasparta, Massa Martana e Montecastrilli, che prende il nome da Arnolfo, suo precedente feudatario.
Nel 1501 Saccoccio Cecili fu conestabile di 3.000 fanti. In pratica era il comandante di questa grossa truppa spoletina che, al servizio del Duca Valentino Borgia, andò ad attaccare i Varano di Camerino. Spedizione che ebbe a compiere anche l’anno successivo, quando conquistò a Spoleto Montesanto di Sellano.
Poi nel 1503 morì Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), così il figlio Valentino (che morì nel 1507) non ebbe più la necessaria protezione né, quindi, potere. Cecili si mise allora al servizio di Spoleto, e conquistò Potenza Picena, sempre contro i Varano di Camerino. Per riconoscenza Spoleto lo esentò a vita da ogni tributo.
Sempre nel 1503 combatté a l’Aquila contro le truppe di Ferdinando di Aragona, e riconquistò a Spoleto Castel San Giovanni.
I successi militari lo indussero a tentare di impadronirsi di Spoleto: sembrava sul punto di riuscirsi, avendo sconfitto ed ucciso il suo antagonista Galeazzo de Domo, ma il Papa guerriero, Giulio II, inviò a Spoleto il cardinale di San Vitale, Antonio Ferrero, che sconfisse Cecili e lo esiliò.
Cecili si recò a Venezia, e combatté per la Serenissima col suo amico ed compagno d’armi Bartolomeo da Alviano. Insieme respinsero oltre le Alpi Massimiliano d’Austria e le sue ingenti truppe.
Sempre con Bartolomeo e con il Conte Nicolò Orsini di Pitigliano (cugino di Bartolomeo), nel 1509, guidò l’esercito di Venezia contro quello francese di Luigi XII, riunito nella “Lega di Cambrai”, che, nella battaglia Agnadello, chiamata anche battaglia della Ghiaradadda, ebbe la meglio.
In quella battaglia morì, appena 44enne, Piersanto Cecili.
Pare che egli volesse attuare una ritirata strategica, ma sembra che Bartolomeo lo convinse ad attaccare dicendo “chi ha paura non vada alla guerra!”. Cecili, pare, rispose “la paura la ho lasciata nel ventre di mia madre!”, e si lanciò orogliosamente nella battaglia, che, saggiamente, voleva invece evitare. Ne conseguì la sconfitta e la morte. Si narra che, prima di morire, abbatté, da solo, molti nemici a cavallo, addirittura facendosi scudo dei loro cadaveri ammucchiati.
Il suo corpo fu recuperato e portato a Spoleto, ove, il 17 agosto 1509, furono officiati funerali solenni con una rappresentanza del Comune, nonostante l’esilio che gli era stato comminato. Forse fu sepolto in Duomo, ma il suo sepolcro non è noto.
Un suo dipinto è conservato al Museo Civico, e qui riprodotto.
Description
A questa via "artificiale", aperta coi lavori della Traversa Nazionale Interna, fu dato questo nome perché la famiglia aveva palazzo nei pressi, a Palazzo Vigili (vedi), Ma, secondo altri, aveva invece vissuto in Vaita San Giovanni, zona dell'attuale Comune.
Piersanti (o Piersanto) Cecili (o Cecilio), detto "Saccoccio Cecili" o anche "Saccoccio da Spoleto" nacque, probabilmente, nel 1465. Di famiglia nobile, figlio di Notaio, fu capitano di ventura.
Fece parte dei "sei dell'arbitrio", sei capitani che condussero, con successo, per Spoleto (guelfa), la lotta contro Terni (ghibellina) per il possesso delle terre Arnolfe, zona tra Cesi, Acquasparta, Massa Martana e Montecastrilli, che prende il nome da Arnolfo, suo precedente feudatario.
Nel 1501 Saccoccio Cecili fu conestabile di 3.000 fanti. In pratica era il comandante di questa grossa truppa spoletina che, al servizio del Duca Valentino Borgia, andò ad attaccare i Varano di Camerino. Spedizione che ebbe a compiere anche l'anno successivo, quando conquistò a Spoleto Montesanto di Sellano.
Poi nel 1503 morì Papa Alessandro VI (Rodrigo Borgia), così il figlio Valentino (che morì nel 1507) non ebbe più la necessaria protezione né, quindi, potere. Cecili si mise allora al servizio di Spoleto, e conquistò Potenza Picena, sempre contro i Varano di Camerino. Per riconoscenza Spoleto lo esentò a vita da ogni tributo.
Sempre nel 1503 combatté a l'Aquila contro le truppe di Ferdinando di Aragona, e riconquistò a Spoleto Castel San Giovanni.
I successi militari lo indussero a tentare di impadronirsi di Spoleto: sembrava sul punto di riuscirsi, avendo sconfitto ed ucciso il suo antagonista Galeazzo de Domo, ma il Papa guerriero, Giulio II, inviò a Spoleto il cardinale di San Vitale, Antonio Ferrero, che sconfisse Cecili e lo esiliò.
Cecili si recò a Venezia, e combatté per la Serenissima col suo amico ed compagno d'armi Bartolomeo da Alviano. Insieme respinsero oltre le Alpi Massimiliano d'Austria e le sue ingenti truppe.
Sempre con Bartolomeo e con il Conte Nicolò Orsini di Pitigliano (cugino di Bartolomeo), nel 1509, guidò l'esercito di Venezia contro quello francese di Luigi XII, riunito nella "Lega di Cambrai", che, nella battaglia Agnadello, chiamata anche battaglia della Ghiaradadda, ebbe la meglio.
In quella battaglia morì, appena 44enne, Piersanto Cecili.
Pare che egli volesse attuare una ritirata strategica, ma sembra che Bartolomeo lo convinse ad attaccare dicendo "chi ha paura non vada alla guerra!". Cecili, pare, rispose "la paura la ho lasciata nel ventre di mia madre!", e si lanciò orogliosamente nella battaglia, che, saggiamente, voleva invece evitare. Ne conseguì la sconfitta e la morte. Si narra che, prima di morire, abbatté, da solo, molti nemici a cavallo, addirittura facendosi scudo dei loro cadaveri ammucchiati.
Il suo corpo fu recuperato e portato a Spoleto, ove, il 17 agosto 1509, furono officiati funerali solenni con una rappresentanza del Comune, nonostante l'esilio che gli era stato comminato. Forse fu sepolto in Duomo, ma il suo sepolcro non è noto.
Un suo dipinto è conservato al Museo Civico, e qui riprodotto.