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Chiodo della Santa Croce
- 19/01/2023
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La chiesa di San Domenico, conserva, secondo la leggenda, nella cappella Benedetti di Montevecchio, sulla sinistra, in fondo, un chiodo di quelli che crocifissero Gesù Cristo.
La leggenda che lo porta a Spoleto è lunga e bella.
Nel 326 Sant’Elena (Elena, madre dell’Imperatore Costantino) si recò in pellegrinaggio in Terra Santa, salì sul Monte Calvario, pregò e trovò la Croce di Cristo ed i tre chiodi.
Purtroppo, tornando in Italia, si scatenò una fortissima tempesta: Elena offrì in sacrificio uno dei tre chiodi, lo gettò in mare e le sue preghiere furono esaudite: la tempesta si placò ed Elena fu salva.
Giunta a Roma donò i due chiodi al figlio Costantino che ne fece incastonare uno nel morso del suo cavallo e l’altro nel suo elmo, confidando nella protezione che ne avrebbe avuto. Costantino portò poi questi due chiodi a Costantinopoli per inserirli nella corona imperiale.
Oltre mille anni più tardi entra in scena uno spoletino: il Beato Gregorio da Spoleto (da non confondere con San Gregorio), originario di San Brizio, morto il 12 marzo del 1472, che viveva in un eremo sul Monteluco, all’altezza de “Le Grazie”, successivamente intitolato a Sant’Antonio da Paola.
Gregorio andò in terrasanta e, nel suo viaggio di ritorno, nel 1464, si addormentò in spiaggia, presso Venezia. In sogno ebbe l’ordine di scavare sotto la sua testa ove avrebbe trovato il Sacro Chiodo della Croce di Gesù. Lo fece e lo trovò. Certo della sua origine, dato il miracoloso sogno, lo portò nel suo eremo a Monteluco, ma senza farne parola. Fin che, in punto di morte, ne parlò al suo confessore. Quando l’eremo fu sgomberato le sue povere masserizie furono spostate a San Salvatore.
Lì il fabbro Battista di Senzia tentò di utilizzare il chiodo, di forgiarlo sul fuoco, ma vanamente: non si fondeva né piegava!
Al chè lo lanciò in terra malamente maledicendolo.
Immediatamente il suo braccio destro si paralizzò !
Venne allora chiamato sul luogo il Vescovo, cui fu narrata la leggendaria provenienza. L’alto prelato toccò il braccio e lo risanò. Riconosciuto il miracolo il Vescovo prese il chiodo e lo affidò alla custodia dei domenicani.
Si narra anche che, nel 1591 Papa Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati, Somma Lombardo, 1535 – Roma, 1591), che era ospite del convento di San Domenico, essendo sofferente di vari mali, si fermò a pregare davanti al chiodo e fu guarito. In effetti morì poco dopo di calcolosi, ma il miracolo di Spoleto gli diede momentaneo sollievo.
Description
La chiesa di San Domenico, conserva, secondo la leggenda, nella cappella Benedetti di Montevecchio, sulla sinistra, in fondo, un chiodo di quelli che crocifissero Gesù Cristo.
La leggenda che lo porta a Spoleto è lunga e bella.
Nel 326 Sant’Elena (Elena, madre dell’Imperatore Costantino) si recò in pellegrinaggio in Terra Santa, salì sul Monte Calvario, pregò e trovò la Croce di Cristo ed i tre chiodi.
Purtroppo, tornando in Italia, si scatenò una fortissima tempesta: Elena offrì in sacrificio uno dei tre chiodi, lo gettò in mare e le sue preghiere furono esaudite: la tempesta si placò ed Elena fu salva.
Giunta a Roma donò i due chiodi al figlio Costantino che ne fece incastonare uno nel morso del suo cavallo e l’altro nel suo elmo, confidando nella protezione che ne avrebbe avuto. Costantino portò poi questi due chiodi a Costantinopoli per inserirli nella corona imperiale.
Oltre mille anni più tardi entra in scena uno spoletino: il Beato Gregorio da Spoleto (da non confondere con San Gregorio), originario di San Brizio, morto il 12 marzo del 1472, che viveva in un eremo sul Monteluco, all’altezza de “Le Grazie”, successivamente intitolato a Sant’Antonio da Paola.
Gregorio andò in terrasanta e, nel suo viaggio di ritorno, nel 1464, si addormentò in spiaggia, presso Venezia. In sogno ebbe l’ordine di scavare sotto la sua testa ove avrebbe trovato il Sacro Chiodo della Croce di Gesù. Lo fece e lo trovò. Certo della sua origine, dato il miracoloso sogno, lo portò nel suo eremo a Monteluco, ma senza farne parola. Fin che, in punto di morte, ne parlò al suo confessore. Quando l’eremo fu sgomberato le sue povere masserizie furono spostate a San Salvatore.
Lì il fabbro Battista di Senzia tentò di utilizzare il chiodo, di forgiarlo sul fuoco, ma vanamente: non si fondeva né piegava!
Al chè lo lanciò in terra malamente maledicendolo.
Immediatamente il suo braccio destro si paralizzò !
Venne allora chiamato sul luogo il Vescovo, cui fu narrata la leggendaria provenienza. L’alto prelato toccò il braccio e lo risanò. Riconosciuto il miracolo il Vescovo prese il chiodo e lo affidò alla custodia dei domenicani.
Si narra anche che, nel 1591 Papa Gregorio XIV (Niccolò Sfondrati, Somma Lombardo, 1535 – Roma, 1591), che era ospite del convento di San Domenico, essendo sofferente di vari mali, si fermò a pregare davanti al chiodo e fu guarito. In effetti morì poco dopo di calcolosi, ma il miracolo di Spoleto gli diede momentaneo sollievo.