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Palazzo Leoncilli
- 19/02/2023
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Tra Via Saffi, Via dello Spagna e, appunto, vicolo Leoncilli, il grande palazzo Leoncilli è stato costruito in due fasi successive ed comunque incompiuto. Notevoli i due bei portali in Via dello Spagna.
La famiglia Leoncilli annovera Pietrino (o Petrino) Orsini Leoncilli, definito dallo scrittore francese Michel de Montaigne “il più famigerato bandito d’Italia”. Nel 1576, a soli 18 anni già aveva ottenuto la prima condanna a morte e a 21 mise a ferro e fuoco Terni con la sua banda. La sua specialità era l’assalto alle diligenze, tanto che per anni furono posti molti posti di blocco lungo la Flaminia e le carrozze viaggiavano scortate. Conquistò Pissignano facendone il suo quartier generale, poi perse una battaglia con i soldati governativi a Castel di Lago, ma non si fece catturare. Alla fine il Cardinale Governatore di Spoleto dovette giungere a patti e garantirgli l’immunità in cambio della cessazione delle razzie. Nel 1580, fu autore di un gesto raccontato da Carlo Bandini in “La Rocca di Spoleto”. Dopo essere stato a combattere in varie parti d’Italia e d’Europa, tornò a Spoleto col proposito di uccidere Alimento Martani e Simone Soldoni. I due si rifugiarono nella inespugnabile Rocca.
Allora Pietrino fece sapere alle guardie che si trovava in prima campagna (nella zona attualmente chiamata Passo Parenzi). Le guardie andarono per arrestarlo ma furono sorprese e catturate. Al che Petrino andò alla Rocca, di notte, col comandante delle guardie come ostaggio e lo obbligò a farsi riconoscere ed aprire. Entrò e massacrò le sue vittime, per poi esporne le teste sulla fontana di piazza (del mercato).
Fu poi cacciato dalla città dal Cardinale Sforza, inviato qui appositamente per liberare la città dal bandito, che fu braccato al punto da dover fuggire nelle Fiandre, poi in Spagna, al servizio del Cardinale Ascanio Colonna, vice-re d’Aragona, e quindi in Portogallo. Torno in Italia nel 1640, a ben settantaquattro anni, riuscendo ad ottenere dal Duca di Parma i feudi di Leonessa e Città Ducale. E, ad ottanta anni, riprese moglie ! Comunque, nonostante una vita avventurosa e pericolosa, morì a ben 93 anni, nel 1650.
Di ben altra stoffa Giacomo Filippo Leoncilli (1572/1613) che fu scrittore in latino ed esperto di diritto. Scrisse la storia di Spoleto in “commentari per l’historia di Spoleto”, opera iniziata dal Bracceschi e completata, su esplicita richiesta del Vescovo Paolo Sanvitale, dal Leoncilli. Ovviamente il vicolo adiacente il palazzo è dedicato a lui e non all’infame fratello
Description
Tra Via Saffi, Via dello Spagna e, appunto, vicolo Leoncilli, il grande palazzo Leoncilli è stato costruito in due fasi successive ed comunque incompiuto. Notevoli i due bei portali in Via dello Spagna.
La famiglia Leoncilli annovera Pietrino (o Petrino) Orsini Leoncilli, definito dallo scrittore francese Michel de Montaigne “il più famigerato bandito d’Italia”. Nel 1576, a soli 18 anni già aveva ottenuto la prima condanna a morte e a 21 mise a ferro e fuoco Terni con la sua banda. La sua specialità era l'assalto alle diligenze, tanto che per anni furono posti molti posti di blocco lungo la Flaminia e le carrozze viaggiavano scortate. Conquistò Pissignano facendone il suo quartier generale, poi perse una battaglia con i soldati governativi a Castel di Lago, ma non si fece catturare. Alla fine il Cardinale Governatore di Spoleto dovette giungere a patti e garantirgli l'immunità in cambio della cessazione delle razzie. Nel 1580, fu autore di un gesto raccontato da Carlo Bandini in "La Rocca di Spoleto". Dopo essere stato a combattere in varie parti d'Italia e d'Europa, tornò a Spoleto col proposito di uccidere Alimento Martani e Simone Soldoni. I due si rifugiarono nella inespugnabile Rocca.
Allora Pietrino fece sapere alle guardie che si trovava in prima campagna (nella zona attualmente chiamata Passo Parenzi). Le guardie andarono per arrestarlo ma furono sorprese e catturate. Al che Petrino andò alla Rocca, di notte, col comandante delle guardie come ostaggio e lo obbligò a farsi riconoscere ed aprire. Entrò e massacrò le sue vittime, per poi esporne le teste sulla fontana di piazza (del mercato).
Fu poi cacciato dalla città dal Cardinale Sforza, inviato qui appositamente per liberare la città dal bandito, che fu braccato al punto da dover fuggire nelle Fiandre, poi in Spagna, al servizio del Cardinale Ascanio Colonna, vice-re d'Aragona, e quindi in Portogallo. Torno in Italia nel 1640, a ben settantaquattro anni, riuscendo ad ottenere dal Duca di Parma i feudi di Leonessa e Città Ducale. E, ad ottanta anni, riprese moglie ! Comunque, nonostante una vita avventurosa e pericolosa, morì a ben 93 anni, nel 1650.
Di ben altra stoffa Giacomo Filippo Leoncilli (1572/1613) che fu scrittore in latino ed esperto di diritto. Scrisse la storia di Spoleto in “commentari per l’historia di Spoleto”, opera iniziata dal Bracceschi e completata, su esplicita richiesta del Vescovo Paolo Sanvitale, dal Leoncilli. Ovviamente il vicolo adiacente il palazzo è dedicato a lui e non all'infame fratello