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Villa Redenta
- 06/01/2023
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Nella zona vi erano insediamenti romani, delle “villae” patrizie suburbane, risalenti ai secoli dal I al IV d.c..
Alla fine del XVI secolo vi erano, qui, due ville separate, tanto il luogo che si chiamava “li casini” (due piccole case).
Nel 1693 Gerolamo Pianciani Martorelli acquistò l’area, costruì le due torri, una su ciascuna casa, ed unì le case.
La villa venne ereditata fa Francesco Martorelli, poi da sua nipote Costanza, moglie del Marchese Fabrizio Loccatelli di Cesena, il quale, nel 1764 la ristrutturò. Alla morte di Fabrizo Loccatelli i figli Fabio e Angelo Maria, ereditarono. Angelo Maria non ebbe figli, Fabio lasciò la proprietà a Fabrizio e Francesco Maria, Cardinale e Arcivescovo di Spoleto per quasi 40 anni (1772 – 1811 ). I due fratelli costruirono le due dependance, in vista della visita del 1782 di Papa Pio VI, Giovanni Angelico Braschi di Cesena (vedi pagina inclite visite). Alla morte di questo Papa viene eletto un altro cesenate, come Pio VI e come i Loccatelli: Pio VII, Barnaba Niccolò Chiaramonti. Anch’egli fece visita al suo cardinale conterraneo (il 30 giugno 1800 ed il 13 maggio 1805).
Fabrizio e Francesco Maria costruirono anche la “caffè house”, il tempietto dorico e la peschiera (o vasca natatoria), la limonaia, il teatro, la meridiana, la ghiacciaia. Restaurarono la facciata della cappella e piantarono il Carpine oggi altissimo.
Nel 1811 morì Francesco Maria e nel 1819 Fabrizio, senza eredi. La villa andò all’asta: il 14 luglio 1823 il Marchese Francesco Marignoli se la aggiudicò per 4000 scudi. Ma, stranamente, la rivendette quasi subito, il 7 luglio 1824, a 4001 scudi, al suo amico Papa Leone XII (Annibale Sermattei Della Genga). O forse la acquistò su incarico del Papa.
Nel 1883 Caterina Della Genga, moglie di Tiburzio Mongalli (vedi palazzo Fraticelli Mongalli), erede di Leone XII, la vendette a Liborio Marignoli, minorenne, per cui l’atto lo firmò suo padre Filippo, senatore del regno. Di qui la denominazione di “Redenta”, cioè ritornata alla famiglia Marignoli.
Liborio sposò Beatrice O’Brian, separata da Guglielmo Marconi per sentenza della Sacra Rota. Così si tenne qui, nel 1938, il matrimonio di Degna Marconi, figlia di Beatrice O’Brian e di Guglielmo Marconi.
In tempo di guerra la Villa fu requisita dall’esercito inglese: ne derivarono vari danni alla struttura ed al mobilio.
Nel 1957 la Marchesa Flaminia Marignoli la vendette ai Padri Minori Conventuali per farne la sede del Collegio Missionario di S. Antonio. Furono loro a demolire il labirinto floreale per usare il terreno come orti.
Questi, nel 1973 la cedettero, tramite permuta, alla Provincia di Perugia che ne è tutt’ora la proprietaria.
Fu abitata anche dai pontefici Pio VI (nel 1782) e Pio VII (nel 1805, di passaggio a Spoleto al ritorno da un viaggio in Francia).
L’edificio ha pianta massiccia, sormontata da due torri di diversa foggia. Al piano terreno, verso il giardino, l’entrata si apre su tre archi. La facciata su Via Flaminia ha un portone sormontato da balconcino con ringhiera in ferro battuto.
All’interno affreschi del 1500 e decorazioni del XVII e XIX secolo, nonché sale di particolare ambientazione, come quella del Canova o quella cinese. E’ anche visibile un pavimento di epoca romana.
Il complesso è formato anche da altri edifici, quelli costruiti dai fratelli Locctelli: il gazebo del caffè, la foresteria, le scuderie (oggi sala Mario Monterosso, sala convegni), la cappella. Nel giardino un piccolo boschetto e finti resti romani. Notevole e maestosa la presenza secolare del Carpine alto 20 metri.
All’interno il parco di grande valore paesaggistico-ambientale, con un bel piazzale a prato, un delizioso teatrino all’aperto, al centro una fontana con obelisco, a lato un tempietto e poco discosto una grande vasca in pietra con belle bocche per l’acqua.
Di grande varietà la vegetazione, che consta anche di un boschetto. Il tutto ornato da finte rovine romane.
E’ usata come parco pubblico, spazio per conferenze e convegni, area espositiva, è aperta al pubblico e sede di mostre e rappresentazioni.