Reliquia della Santissima Icona

  • Reliquia della Santissima Icona

    • Reliquia della Santissima Icona 08/12/2024
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L’icona è ora contenuta in un reliquiario donato dal Cardinale Cesare Facchinetti nel 1674. Si tratta di una tavoletta bizantina del XI/XII secolo e racchiude in sé un’altissima valenza storica e e devozionale.

Ricorda e testimonia lo storico attacco che Federico Barbarossa (Federico I Hohenstaufen) mosse contro Spoleto, in quanto il “Fodrum”, la tassa che pretendeva, gli venne pagato con moneta locale (il baiocco), da lui ritenuta falsa. La cifra che chiedeva era ingente: 800 libbre di argento, pari a 16.000 soldi. Secondo alcune stime circa un milione di euro di oggi. Spoleto aveva 20.000 abitanti, e poteva schierare un paio di migliaia di uomini. Il Barbarossa era sceso in Italia con 4.500 uomini. Sebbene avesse subìto delle perdite, belliche e per malattie, nel luglio del 1155 dovrebbe aver avuto circa 3.000 / 3.500 uomini disponibili.

Inoltre, ad aggravare la situazione, pare che gli spoletini avessero fatto prigioniero l’ambasciatore, il Conte Guido Guerra, amico personale di Federico I. Dopo una settimana di assedio, il 27 luglio del 1155, gli spoletini tentarono una sortita in campo aperto, appena fuori da Porta Ponzianina, oltre il Tessino, ed ebbero la peggio. Secondo un’altra ricostruzione uscirono per parlamentare. In ogni caso le armate del Barbarossa entrarono in città, da Via dell’Assalto, e la distrussero, incendiando anche il Duomo.

Dopo trent’anni, in seguito ad apposite trattative, si giunse alla pace. Così l’imperatore Barbarossa donò a Spoleto, in segno di riappacificazione, la Santissima Icona nel 1185. La leggenda vuole che sia stata dipinta da San Luca, come scritto nella lapide in alto (“pinxit opus Lucas”) e come rappresentato nel primo quadro a sinistra entrando. Luca è l’autore del Vangelo secondo Luca e degli Atti degli Apostoli, e di molti dipinti, essendo anche pittore. Era nato ad Antiochia di Siria da una famiglia pagana, unico evangelista non ebreo, ed esercitava la professione di medico. Ad Antiochia, avendo conosciuto Paolo di Tarso, divenne discepolo degli apostoli. Anche a Roma esiste un quadro di Maria dipinto da San Luca, custodito nella basilica papale di Santa Maria Maggiore.

La iconografia è quella della “Madonna avvocata”, riconoscibile dalla postura (una mano sul petto, l’altra alzata).
Meglio dirlo in greco: “Paraklesis” (“che chiama accanto”). Cioè la Madonna (umana) che  prega un Dio, che però è suo figlio, di salvare gli uomini.
E’ dipinta su legno e poi parzialmente ricoperta da una lamina di argento, dorata al mercurio, battuta sul retro per mezzo di ceselli e tagliata per evidenziare il dipinto. Più volte ritagliata e rilavorata, nei secoli.
La tavola subì un incendio che la danneggiò a sinistra e in basso per cui è stata ridimensionata e si è persa una parte della scritta che compare nell’angolo in basso a destra, parzialmente copiata a sbalzo sulla lamina che la ricopre. Il tenore del testo è desumibile dalla foto della tavola, risalenti agli anni ’50, probabilmente smontata dalla lamina per studi o restauri, ed anche dalla tradizione di questa iconografia. si tratta di un toccante dialogo tra la Madonna ed il Figlio:
M Accogli la preghiera di tua madre o compassionevole
F Che domandi o madre ?
M La salute degli uomini !
F Mi provocano a sdegno !
M Compatisci figlio mio.
F Ma non si convertono …
M Deh salvali !
F Per grazia avranno il riscatto.
M Ti ringrazio o Verbo.
Negli angoli in alto vi sono due tondi col simbolo mariano. A destra la mano è coperta, rimane la manica

L’icona fu anche rubata, ma rinvenuta e rimessa al suo posto.

Nella ricorrenza dei 700 anni dal dono furono realizzate delle copie ed affisse in vari luoghi della città alta (vedi “dopo sette secoli, tante icone”).

 

Description

L'icona è ora contenuta in un reliquiario donato dal Cardinale Cesare Facchinetti nel 1674. Si tratta di una tavoletta bizantina del XI/XII secolo e racchiude in sé un'altissima valenza storica e e devozionale.

Ricorda e testimonia lo storico attacco che Federico Barbarossa (Federico I Hohenstaufen) mosse contro Spoleto, in quanto il "Fodrum", la tassa che pretendeva, gli venne pagato con moneta locale (il baiocco), da lui ritenuta falsa. La cifra che chiedeva era ingente: 800 libbre di argento, pari a 16.000 soldi. Secondo alcune stime circa un milione di euro di oggi. Spoleto aveva 20.000 abitanti, e poteva schierare un paio di migliaia di uomini. Il Barbarossa era sceso in Italia con 4.500 uomini. Sebbene avesse subìto delle perdite, belliche e per malattie, nel luglio del 1155 dovrebbe aver avuto circa 3.000 / 3.500 uomini disponibili.

Inoltre, ad aggravare la situazione, pare che gli spoletini avessero fatto prigioniero l'ambasciatore, il Conte Guido Guerra, amico personale di Federico I. Dopo una settimana di assedio, il 27 luglio del 1155, gli spoletini tentarono una sortita in campo aperto, appena fuori da Porta Ponzianina, oltre il Tessino, ed ebbero la peggio. Secondo un'altra ricostruzione uscirono per parlamentare. In ogni caso le armate del Barbarossa entrarono in città, da Via dell'Assalto, e la distrussero, incendiando anche il Duomo.

Dopo trent'anni, in seguito ad apposite trattative, si giunse alla pace. Così l'imperatore Barbarossa donò a Spoleto, in segno di riappacificazione, la Santissima Icona nel 1185. La leggenda vuole che sia stata dipinta da San Luca, come scritto nella lapide in alto ("pinxit opus Lucas") e come rappresentato nel primo quadro a sinistra entrando. Luca è l'autore del Vangelo secondo Luca e degli Atti degli Apostoli, e di molti dipinti, essendo anche pittore. Era nato ad Antiochia di Siria da una famiglia pagana, unico evangelista non ebreo, ed esercitava la professione di medico. Ad Antiochia, avendo conosciuto Paolo di Tarso, divenne discepolo degli apostoli. Anche a Roma esiste un quadro di Maria dipinto da San Luca, custodito nella basilica papale di Santa Maria Maggiore.

La iconografia è quella della "Madonna avvocata", riconoscibile dalla postura (una mano sul petto, l'altra alzata).
Meglio dirlo in greco: "Paraklesis" ("che chiama accanto"). Cioè la Madonna (umana) che  prega un Dio, che però è suo figlio, di salvare gli uomini.
E' dipinta su legno e poi parzialmente ricoperta da una lamina di argento, dorata al mercurio, battuta sul retro per mezzo di ceselli e tagliata per evidenziare il dipinto. Più volte ritagliata e rilavorata, nei secoli.
La tavola subì un incendio che la danneggiò a sinistra e in basso per cui è stata ridimensionata e si è persa una parte della scritta che compare nell'angolo in basso a destra, parzialmente copiata a sbalzo sulla lamina che la ricopre. Il tenore del testo è desumibile dalla foto della tavola, risalenti agli anni '50, probabilmente smontata dalla lamina per studi o restauri, ed anche dalla tradizione di questa iconografia. si tratta di un toccante dialogo tra la Madonna ed il Figlio:
M Accogli la preghiera di tua madre o compassionevole
F Che domandi o madre ?
M La salute degli uomini !
F Mi provocano a sdegno !
M Compatisci figlio mio.
F Ma non si convertono ...
M Deh salvali !
F Per grazia avranno il riscatto.
M Ti ringrazio o Verbo.
Negli angoli in alto vi sono due tondi col simbolo mariano. A destra la mano è coperta, rimane la manica

L'icona fu anche rubata, ma rinvenuta e rimessa al suo posto.

Nella ricorrenza dei 700 anni dal dono furono realizzate delle copie ed affisse in vari luoghi della città alta (vedi "dopo sette secoli, tante icone").

 

Mappa

Mappa fornita da OpenStreetMap.org

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